Gay & Bisex
Inculato da un mio dipendente - parte 5
di gattino0123
06.11.2023 |
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"La sua felpa ha un profumo buonissimo, lui ha proprio un buon odore, quasi magnetico, mi entra nelle narici e va dritto nell’anima..."
È sabato mattina, mi sveglio a mezzogiorno, cosa che non facevo ormai da anni. Resto ancora un po’ sotto le coperte e ripenso alla sera precedente, a Stefano che mi fotte duramente in bagno, io faccia al muro e lui che mi incula con forza. Ho ancora in mente alcune immagini vivide, come se fossero impresse in modo indelebile nella mia memoria: il suo respiro forte sul mio collo, lui che mi stringe forte la mano contro il muro mentre mi scopa e io che gemo come poche altre volte in tutta la mia vita. Avevo avuto diversi rapporti nella mia vita, una manciata di relazioni stabili e una serie di incontri occasionali, ma non mi era mai successo di sentirmi così enormemente attratto da un uomo. Mi sarebbe piaciuto averlo lì sul letto accanto a me, per dargli nuovamente tutto il mio corpo, e invece non era possibile, sarei dovuto stare due giorni senza vederlo.
Non so cosa mi stesse succedendo, ma sentivo il bisogno sfrenato di interagire con lui, come se la sua assenza mi provocasse forti crisi di astinenza. Credo che astinenza fosse proprio la parola giusta, non era un’esagerazione, quando non lo vedevo il mio corpo stava male, entravo in uno stato di grigiore, come se mi mancasse qualcosa per stare bene.
Finalmente lunedì mattina, dopo di giorni pieni di astinenza da Stefano, arrivo presto in ufficio perché non vedo l’ora di vederlo. Mentre bevo il caffè mi sento quasi uno stupido, ho 32 anni ma mi sto comportando come un ragazzino, non posso permettere che il mio umore venga così tanto condizionato da una persona. Eppure, anche se la mia testa mi invita a riflettere, le mie emozioni mi portano da tutt’altra parte, avevo bisogno di vedere Stefano e, perché no, farmi scopare nuovamente da lui nel bagno che aveva ormai ospitato ben due nostri incontri.
Stefano arriva alle 9:30, con la sua solita andatura lenta ma decisa, in viso però è cupo. Non lo avevo mai visto così, sembra quasi triste e il suo solito sguardo deciso lascia il posto ad un velo di tristezza visibile. Anche i nostri colleghi se ne sono accorti, gli chiedono come sta, ma li liquida velocemente con un “va tutto bene” non troppo convinto. Lo osservo lavorare, sembra davvero con l’umore sottoterra, non riesco a vederlo in questo stato e decido di convocarlo con una scusa in una sala riunioni.
Io: “Ehi, ma sei sicuro che va tutto bene?”.
Stefano: “Si, tutto bene. Volevi parlarmi dei dati dell’ultimo report?”.
Io: “No, in realtà volevo solo capire cosa ti succede”.
Stefano: “Te non ce la fai proprio a lasciarmi stare, devi sempre farmi incazzare eh? Volevi parlarmi di lavoro? E allora parliamo di lavoro, altrimenti me ne torno di là”.
Io: “Ah, io ti faccio incazzare? Guarda che potrei farti un listone di cose che io potrei recriminare a te”.
Stefano: “Si, tu mi fai incazzare. Mi hai fatto passare due giorni infernali, io non sono il classico ragazzo che di nascosto va a froci”.
Io: “Ehi”.
Stefano: “Non stare a sindacare le parole, hai capito benissimo quello che voglio dire. Io amo davvero Mary, è tutto per me, non si merita quello che le ho fatto. E se un giorno mi dovesse lasciare io mi ammazzerei, si, sono serio, io mi ammazzo. E adesso per colpa tua sto così.”.
Io: “Guarda che non ti ho mica costretto, mi sembra di ricordare che hai preso tu l’iniziativa. Anzi, è quello che fai sempre, sei tu a decidere cosa fare, dove farlo e come farlo. E adesso vuoi dare a me la colpa di tutto? Cresci”.
Stefano: “Sei te che mi provochi, sempre. Smetti di guardarmi con questo sguardo da finto ingenuo e indifeso, smetti di indossare ogni volta dei pantaloni aderenti da mignotta e smetti di trovare scuse per stare solo con me. Se vuoi saperlo ho vomitato pensando al nostro ultimo incontro”.
Io: “Addirittura? No, questo è troppo, tu le mie attenzioni non te meriti, puoi anche smettere di vomitare se è questo l’effetto che ti faccio, da ora in poi avrai zero considerazione da parte mia”.
Vado via a passo veloce dalla sala riunioni. Perché Stefano doveva sempre rovinare tutto? Avevo passato tutto il fine settimana a ricordare il nostro incontro passionale in bagno, l’ho rivissuto tante volte nella mia mente e avrei tanto voluto ripeterlo oggi. E a lui invece aveva provocato il vomito? Basta, non gli avrei più dato nessuna soddisfazione, neanche quelle che lui chiama provocazioni.
Mentre sto tornando verso la mia scrivania ci ferma Claudia, col suo solito tono di voce acuto ed entusiasta:
Claudia: “Stasera ho marito e figli a Torino dai nonni paterni. Vi invito dopo cena in un locale a scolarci drink a volontà, mi hanno bidonato tutti, almeno voi due non potete dirmi di no”.
Io: “No, grazie, ma non sono proprio dell’umore”. In realtà sarei uscito volentieri ma non avevo voglia di vedere Stefano, magari lo stronzo l’avrebbe vista come una nuova provocazione immaginaria.
Stefano: “Io l’umore ce l’avrei pure ma la serata con la mamma che vuole fare la giovane non me la merito, buona serata”. E va via lasciandoci lì.
Claudia: “Certo che a volte è proprio stronzo”.
Io: “Lascialo stare, dopo per vendicarti gli smollo un documento noiosissimo, così la prossima volta ci pensa due volte. Dai, esco io con te, stasera alle 21:30, ci divertiremo da morire, promesso”.
Mi sarebbe piaciuto sfruttare l’occasione per confidarmi con Claudia, mi fidavo ciecamente di lei, ma non avrei saputo come motivare l’attrazione incontrollabile nei confronti di Stefano, me ne vergognavo. C’erano mille motivi per mandarlo a quel paese, eppure finivo sempre per fare quello che voleva lui, avevo paura che Claudia potesse giudicarmi male o pensare che fossi un debole.
E poi, fatto non trascurabile, Stefano era pur sempre un mio dipendente, esternamente le mie attenzioni potevano essere viste come una molestia. No, non potevo parlarne con Claudia, non potevo parlarne con nessuno, anche se tenermi tutto dentro mi stava facendo esplodere.
Raggiungo Claudia nel locale da lei scelto, un posto abbastanza pettinato vicino casa sua, la vedo già seduta al tavolo che si sbraccia platealmente per salutarmi.
Claudia: “Simo sei bellissimo, dovresti venire vestito così anche in ufficio, sei sempre così formale”.
Io: “Meglio lasciare le sorprese per pochi eletti (rido). Ma, ehi, come mai ti hanno dato un tavolo da quattro?”.
Claudia: “Ci raggiungono anche Stefano e la sua ragazza, non te lo ha detto?”.
Io: “No”.
Claudia: “Poco prima di andare via dall’ufficio mi ha chiesto chi ci fosse stasera. Gli ho confermato che ci saresti stato solo tu e allora mi ha detto che ci avrebbe raggiunto con Maria Grazia per farci compagnia”.
Non riuscivo a crederci, per una volta volevo allontanarmi seriamente da lui e invece si era intrufolato in questa serata senza dirmi niente. Arriva proprio in quell’istante, con quel suo solito abbigliamento da finto trasandato: felpa nera, pantaloni felpati grigi e scarpe Nike con stringhe color verde fluo. A prima vista sembrerebbe un abbigliamento inadeguato ma in realtà quei capi costano un occhio della testa, la sua famiglia deve essere proprio ricca se può permetterseli col suo stipendio.
Mentre si avvicina resto imbambolato, cavoli se è bello. E poi quei pantaloni felpati risaltano perfettamente il suo pacco, lo mettono proprio in mostra, non posso fare a meno di guardarlo. Ne sono palesemente attratto, infatti non appena si avvicina lo nota, mi guarda subito male, cazzo devo cambiare registro e non dargli altre soddisfazioni.
Si siedono con noi, ordiniamo da bere e iniziamo a chiacchierare, mentre io faccio di tutto per non guardare più Stefano. Parlo con Claudia, fingo interesse per i discorsi basici di Maria Grazia e intanto non degno di uno sguardo Stefano, neanche quando parla. Sono fiero di me, lo sto ignorando e non mi sta neanche pesando farlo, potrebbe essere un bel passo avanti per liberarmi da quella che mi sembrava essere una crisi di astinenza.
Non so se avesse intuito il mio intento ma, da quel momento in poi, Stefano inizia a baciare continuamente la sua ragazza. La bacia e, per qualche secondo durante il bacio, mi guarda negli occhi, quasi in segno di sfida. Non so se volesse attirare la mia attenzione o se volesse dirmi “hai visto? Lei può e tu no”, fatto sta che il mio scopo di ignorarlo va in fumo e li guardo con aria triste durante quei baci, perché era proprio vero: quei baci avrei voluto riceverli io.
Per fortuna Maria Grazia inizia a lamentarsi di quella serie infinita di baci e attenzioni, a suo dire Stefano non era mai stato così appiccicoso, così lui la smette e posso tornare ad ignorarlo. Mentre sto parlando con Claudia, dando nuovamente le spalle a Stefano, parte Bellissima di Annalisa. Ad un certo punto il testo dice “di me non parli con nessuno e non me lo merito, il tuo modo di dire le cose che sesso fa”. D’istinto quelle parole mi spingono a girarmi verso di lui per guardarlo e vedo che anche lui stava facendo lo stesso nei miei confronti, mi stava guardando.
Era proprio vero, non mi meritavo quello che mi stava facendo. Ma, soprattutto, il suo modo dire le cose mi faceva davvero tanto sesso e non ho potuto fare a meno di guardarlo mentre ascoltavo questa frase. Ma perché lo stava facendo anche lui? Anche il mio modo dire le cose gli fa sesso? Si, è quello che ho letto nel suo sguardo. O forse mi sto solo prendendo in giro da solo?
Basta, troppi pensieri per la testa. E i pensieri erano talmente tanti che decido di affogarli nell’alcool, bevo così tanto che a fine serata non mi reggo più in piedi.
Ovviamente nessuno di loro vuole farmi andare a casa da solo in quelle condizioni, anche perché avrei dovuto guidare per poter rientrare. Dopo mille insistenze, Maria Grazia e Claudia convincono Stefano a riaccompagnarmi con la sua moto. Sia io che lui ci opponiamo, ma le ragazze non vogliono sentire ragioni, soprattutto Maria Grazia sembra preoccupata per me e sprona il ragazzo, offrendosi di tornarsene a casa a piedi. È stata molto carina, mi sentivo tremendamente in colpa pensando che qualche sera fa mi stavo facendo scopare dal suo ragazzo in bagno.
Partiamo in moto e abbraccio subito forte Stefano per non cadere. La sua felpa ha un profumo buonissimo, lui ha proprio un buon odore, quasi magnetico, mi entra nelle narici e va dritto nell’anima. Lo abbraccio forte, credo sia la prima volta che lo faccio da quando lo conosco ed è una sensazione che mi fa stare bene, sarà colpa dei drink ma in quel momento penso che mi ecciti quasi più quell’abbraccio che alcuni incontri sessuali che abbiamo avuto.
Arrivati sotto casa mia, scendo dalla moto, ma dopo due passi precipito per terra, ho bevuto veramente tanto, dannazione. Stefano si offre di portarmi a casa, stranamente protesto un po’ per orgoglio, ma Stefano continua ad accompagnarmi verso casa, senza rispondere alle mie proteste.
Stefano: “Ti lascio qui sul divano. Ce la fai ad andare a letto o mi caschi per terra un'altra volta?”.
Io: “Hai fatto il tuo dovere, tornatene da dove sei venuto”.
Stefano: “Oh a casa mia si dice grazie”.
Io: “Si, hai ragione, grazie Stefano per aver vomitato pensando alla nostra scopata”.
Stefano: “Ecco, non nominarla altrimenti sbocco ancora”.
Io: “Stefano, basta! Basta! Sta diventando una tortura. Facciamo sesso, poi te ne penti e mi dai la colpa, poi mi offendi, poi mi dici che merito di restare solo come un cane, che ti faccio schifo e tante altre cose carine. Stasera non hai fatto altro che guardarmi mentre baciavi la tua ragazza e non provare a negarlo. Si, lo ammetto, sono geloso, tutto quello che fai con lei vorrei che lo facessi con me. Mi hai detto che non si può, l’ho capito, ma piantala di trovare modi diversi per farmi stare male, non ce la faccio più”.
E su queste parole, dette di getto perché non riuscivo proprio a frenarle, scoppio a piangere a dirotto, un pianto rumoroso e liberatorio, probabilmente accentuato dall’alcool ma che mi parte dal profondo. Stefano mi guarda e non parla, gli urlo di andarsene, dopo qualche secondo si avvicina e mi abbraccia, portando la mia testa sul suo petto.
Questo gesto, invece di calmarmi, mi fa piangere ancora più forte, la sua felpa è ormai piena delle mie lacrime. Mi mette una mano tra i capelli, li accarezza, e mi sussurra un “ho esagerato”, detto sottovoce, quasi involontario.
Credo sia la mia prima volta che mi dice qualcosa di carino e, infatti, quella frase mi fa smettere subito di piangere. Restiamo ancora per un po’ abbracciati, lui non smette di accarezzarmi i capelli, così azzardo una cosa che volevo fare da inizio serata: faccio scivolare lentamente la mia mano sul suo pacco.
Stefano: “Ehi, non possiamo”. Mi blocca: ho la sua mano destra che mi accarezza i capelli e la sinistra che prova a bloccarmi, ma lo sta facendo in modo leggero, tant’è che riesco ancora a muovermi e a toccargli il pacco, lo sento indurirsi subito.
Io: “Stamattina mi hai detto che ti provoco, questa è la prima vera provocazione che ti faccio”. Pian piano vado giù e mi metto in ginocchio, gli bacio il pacco da sopra i pantaloni della tuta, ad ogni bacio lo sento muoversi e crescere.
Stefano: “Ti ho detto di fermarti”, peccato che la sua mano sia rimasta tra i miei capelli e, nonostante le sue parole, sta continuando ad accarezzarli. Quel gesto per me è un invito, così gli abbasso i pantaloni e mi ritrovo il suo meraviglioso cazzo davanti, è davvero perfetto. Sto per prenderlo in bocca ma ci risiamo, inizia a tirarmi i capelli per fermarmi.
Restiamo per qualche secondo in questa posizione, lo guardo e lo sento respirare forte, dei respiri lunghi e decisi, come se stesse davvero facendo tanta fatica in quel momento.
Mi avvicino e lo prendo tutto in bocca, iniziando a spompinarlo. Oh sì, quanto mi era mancato il cazzo di Stefano, è stupendo sentirlo tra le labbra. Mentre faccio su e giù con la bocca, lo guardo dal basso con occhi da cucciolo, questo contatto visivo lo spinge ad accarezzarmi di nuovo i capelli. Credo di aver capito cosa intendeva quando diceva che lo provoco con lo sguardo: lo sguardo ingenuo e indifeso che diceva stamattina è quello che sto facendo adesso, lo vedo che gli piace ma è un mio sguardo che mi viene totalmente naturale, soprattutto quando sto bene.
Provo a prenderlo tutto in bocca, nonostante le sue dimensioni importanti, lo sento fino in gola. Vedo l’eccitazione nel suo sguardo, così come la sento nella sua asta ormai durissima e pulsante.
Stefano: “Sei mio?”.
Io: “Si”
Stefano: “Dillo”.
Io: “Sono tuo Ste”.
Stefano: “Si, sei mio cazzo”. Inizia a fottermi la bocca, mi tiene la testa con una mano e intanto mi scopa la gola. Mentre lo fa gli massaggio il cazzo con la lingua, vedo che questo gesto lo fa impazzire perché porta gli occhi al cielo.
Mi fa alzare e poi con durezza mi sbatte contro la porta, abbassandomi i pantaloni.
Stefano: “Questo culo che ti ritrovi è mio”.
Io: “Si è tuo”
Stefano: “Dillo cosa vuoi, dillo”.
Io: “Voglio che mi scopi, forte”.
Stefano: “Cazzo ti rompo il culo adesso”.
Si lubrifica leggermente con la saliva e me lo butta tutto dentro di forza. Urlo, ma mi sussurra “sh” all’orecchio, anche se credo in realtà gli piacesse sentirmi ad urlare, ad ogni urlo mi dava dei colpi di cazzo più forti.
Stefano: “Sei mio”. Mi scopa e mi annusa i capelli: “hai un odore buonissimo”. Oddio, era esattamente quello che ho pensato io annusando la sua felpa quando eravamo sulla sua moto, era la prima volta che notavo così tante somiglianze tra noi.
Continua a darmi altri colpi di cazzo decisi, ho le braccia contro la porta e ansimo, stavolta non ho paura che qualcuno possa sentirmi come nel bagno della festa. Vedo che le mie urla lo fomentano, perché lo sento spingere come un toro. Ogni tanto mi dà dei colpi più decisi, si ferma, e torna a ripetermi “sei mio” all’orecchio. Dopo un po’ aumenta il ritmo, i colpi oltre ad essere decisi diventano anche veloci, e viene completamente nel mio culo, mentre io lancio il mio ultimo grande gemito con la faccia attaccata alla porta.
Prima di andare via mi aiuta a mettermi a letto, sono ancora ko a causa dell’alcool. Sta per dirmi qualcosa ma suona il cellulare, è Maria Grazia, probabilmente preoccupata per il suo ritardo.
Io: “Cosa stavi per dirmi?”.
Stefano: “Niente, devo andare”, è tornata la faccia cupa della mattina.
Avrei tanto voluto sapere cosa volesse dirmi ma, esausto, mi addormento sul letto prima ancora che lui uscisse dal mio appartamento.
Continua.
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